La Direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali

Cenni generali Il 20 ottobre 2010 il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la Direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali [2]. Al di là del suo contenuto, che esamineremo nel presente capitolo, questa Direttiva riveste un significato particolare in quanto si tratta del primo strumento normativo ad efficacia vincolante adottato dall’Unione europea nel campo del diritto penale dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Questo comporta che, contrariamente agli strumenti normativi adottati in precedenza – ed in particolare le Decisioni quadro –, non si applicano a questa Direttiva le regole transitorie previste dall’Articolo 10 del Protocollo 36 al Trattato di Lisbona.

Ciò implica che, allo scadere del termine fissato per il recepimento della Direttiva [3], tanto la Corte di Giustizia quanto la Commissione europea potranno esercitare app... _OMISSIS_ ...revisti dal Trattato: la Commissione, valutando il recepimento da parte degli Stati membri e dando il via, se del caso, a procedimenti di infrazione ai sensi degli artt. 258 – 260 TFUE per omesso o errato recepimento; la Corte di Giustizia, interpretando le norme della Direttiva su ricorso in via pregiudiziale delle Autorità giudiziarie degli Stati membri arrivando, ove necessario, a dichiarare l’incompatibilità di eventuali disposizioni di diritto interno confliggenti con quelle parti della Direttiva che possono avere immediata applicazione, imponendosi così al giudice nazionale l’obbligo di disapplicare la norma interna (v. su questi aspetti il Capitolo I, par. 8.).


L’origine della Direttiva e il procedimento di approvazione Prima di passare ad illustrare il contenuto della Direttiva, merita riassumere brevemente la vicenda legislativa all’origine del provvedimento.

Rispondendo ad un diffuso ap... _OMISSIS_ ...rsquo;Unione europea si dotasse di un quadro legislativo omogeneo per ciò che riguarda le garanzie minime di rispetto dei diritti fondamentali nel processo penale, nel 2004 la Commissione europea aveva presentato una proposta per una Decisione quadro del Consiglio su tale materia [4].

Tale proposta mirava al riavvicinamento della garanzie minime offerte dagli ordinamenti degli Stati membri relativi ad una serie di aspetti del processo penale nazionale, individuati come quelli maggiormente critici, atti a determinare uno scadimento del grado di fiducia reciproca tra ordinamenti (il presupposto alla base della costruzione dell’Area di libertà, sicurezza e giustizia prevista dal Trattato di Maastricht: supra, Capitolo I, par. 2.).

Inoltre, l’iniziativa mirava a rispondere alle diffuse critiche di quanti evidenziavano come l’attività normativa dell’U.E. nel campo del diritto penale si fosse sino a quel momento limitata... _OMISSIS_ ...e di carattere repressivo (tanto nel diritto penale sostanziale, quanto in quello processuale: si pensi al mandato di arresto europeo), tralasciando il necessario bilanciamento (costituzionale) con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’accusato.

Tuttavia, l’esame della proposta della Commissione da parte del Consiglio, secondo le regole del Trattato di Maastricht – e dunque con l’obbligo di approvazione all’unanimità della Decisione Quadro –, era risultata in un fallimento, con una minoranza di sei Stati membri [5] che, opponendosi al progetto, avevano portato al suo definitivo abbandono nel 2007.

Nel 2009, sotto la presidenza svedese del Consiglio (ma ancora sotto la vigenza delle vecchie regole del Trattato di Maastricht, essendo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ancora incerta) si è tentato un approccio diverso.

Mentre infatti la proposta originaria della C... _OMISSIS_ ...ruppava diversi ambiti di intervento slegati tra loro, esponendo così ciascuna parte del provvedimento a "veti incrociati" da parte di quelle delegazioni più sensibili a certi temi piuttosto che ad altri, il nuovo progetto prevedeva lo smembramento della proposta originaria e l’esame di un argomento alla volta, ciascuno oggetto di un diverso strumento legislativo.

Al contempo, ed al fine di “dettare il ritmo” di questo esercizio, il Consiglio avrebbe approvato una “tabella di marcia”: un documento programmatico nel quale chiedeva alla Commissione di presentare, una dopo l’altra, proposte per atti normativi separati su ciascuno degli argomenti originariamente coperti dalla proposta del 2004, impegnandosi politicamente ad esaminarle.

Tale documento è stato approvato dal Consiglio GAI del 30 novembre 2009 [6] e successivamente integrato nel “Programma di Stoccolma” dai Capi di S... _OMISSIS_ ...no dell’U.E. [7]. In tale tabella di marcia il diritto all’interpretazione ed alla traduzione era appunto previsto come oggetto della “Misura A”.

Nel frattempo, l’esito positivo del (secondo) referendum irlandese sul Trattato di Lisbona (così come il rigetto dei ricorsi in sede costituzionale esperiti contro le leggi di ratifica del Trattato in Germania ed in Rep. Ceca) avevano spianato la strada all’entrata in vigore della riforma dei Trattati, avvenuta il 1° dicembre 2009.

Il procedimento legislativo avviato sotto il precedente quadro normativo è ricominciato con le nuove regole, non trattandosi più di approvare una Decisione quadro del Consiglio ma una Direttiva in “co-decisione” tra Parlamento europeo e Consiglio: così è avvenuto, all’esito di un negoziato legislativo nel quale il Parlamento ha fornito un rilevante contributo all’innalzamento generale del li... _OMISSIS_ ... dei diritti fondamentali contemplati dalla Direttiva.

Avviato dunque l’iter per il rispetto della “tabella di marcia” con l’approvazione della Direttiva 2010/64/UE, si può ragionevolmente sperare che i successivi passi intervengano in tempi relativamente brevi [8].


Il diritto all'interpretazione ed alla traduzione degli atti nella C.e.d.u. Prima di passare a vedere il contenuto della Direttiva, occorre brevemente delineare i principi in materia contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (C.e.d.u.) e nella giurisprudenza applicativa della Corte di Strasburgo, che sono serviti da guida per i punti fondamentali della proposta della Commissione europea.

Tanto l'art. 5 che l'art 6 C.e.d.u. prevedono il diritto all'assistenza linguistica dell'indagato o imputato alloglotta: in particolare, l'art. 5 (2) prevede il diritto dell'arrestato ad essere informato senza ritardo in una l... _OMISSIS_ ...a delle ragioni dell'arresto e di eventuali accuse nei suoi confronti. L'art. 6 (3) prevede il diritto dell'accusato ad essere informato in una lingua a lui nota della natura e ragioni dell'accusa contro di lui (lett. a) e all'assistenza gratuita di un interprete qualora non comprenda o parli la lingua utilizzata nel procedimento (lett. e).

La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha precisato che spetta all'autorità giudiziaria procedente provare che l’imputato parla la lingua del procedimento e che, conseguentemente, non necessita l’assistenza dell’interprete; non spetta, quindi, all'imputato provare il contrario [9].

Oggetto dell’interpretazione e della traduzione non è solo ciò che accade in udienza, ma anche il contenuto di tutti gli atti, anche delle indagini preliminari, la cui comprensione è necessaria perché l’imputato possa godere appieno del diritto ad un processo equo [10].
... _OMISSIS_ ...uo;opera dell’interprete e del traduttore deve essere di qualità adeguata a consentire all’indagato o imputato di conoscere il contenuto degli atti sui quali si fonda l’accusa e di difendersi in conseguenza [11]. Spetta all’autorità giudiziaria vigilare sull’adeguatezza della traduzione al fine di assicurare il rispetto del diritto ad un processo equo [12].

Infine, la Corte di Strasburgo ha precisato che l’assistenza dell’interprete prevista dalla C.e.d.u. deve sempre essere gratuita, anche qualora l’imputato sia trovato colpevole all’esito del procedimento [13].