La relazione tra integrazione europea e diritto penale è storicamente caratterizzata da tempi di sviluppo lenti e passi faticosi. Tuttavia, come vedremo, il cammino fin qui è stato lungo e si deve ormai abbandonare il trito luogo comune secondo cui “l’Europa non si occupa di diritto penale”.
Allo stesso tempo, occorre valutare realisticamente lo stato attuale delle competenze in materia penale dell’Unione e, quindi, le potenzialità di integrazione insite nel quadro ordinamentale vigente. L’Unione europea era e resta infatti un ordinamento privo di “Kompetenz-kompetenz” e retto dal principio di attribuzione (codificato nell’art. 5 TUE): può fare quello che gli Stati membri gli chiedono di fare e non (molto) di più. Al momento, anche dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (che pure ha profondamente innovato e consolidato il quadro preesistente in questa materia), gli Stati membri non hanno attri...
_OMISSIS_ ...tenza “generalizzata” in materia di diritto e procedura penale all’Unione.
Alla questione della competenza si affianca poi la questione del rapporto tra ordinamento dell’Unione e ordinamento nazionale. Nel campo del diritto e della procedura penale questo rapporto attinge ormai – ancora una volta, grazie all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – al patrimonio dei principi generali elaborati con riferimento al “vecchio” ordinamento comunitario e tutt’ora vigenti con riferimento all’Unione europea, che è succeduta alla Comunità europea dal 1° dicembre 2009.
Si applicano dunque, da un lato, il principio della primazia del diritto dell’Unione sul diritto nazionale (precedente o successivo) contrastante, qualora la norma europea sia dotata di efficacia diretta; dall’altro, e dal punto di vista dell’ordinamento nazionale, nei confronti del diritto di orig...
_OMISSIS_ ...applicheranno i “controlimiti” derivanti dal nucleo “duro” dei principi costituzionali che si impongono anche su quello, previsto dall’art. 11 Cost., che fa assumere alla fonte dell’Unione europea un rango speciale nella gerarchia delle fonti.
Allo stesso tempo, a tali principi generali, applicabili all’intero campo dei rapporti tra diritto nazionale e diritto dell’Unione, si aggiungono con riferimento alla nostra materia ulteriori principi, specifici del settore penale, quali quelli sulla successione di leggi penali nel tempo e del favor rei.
Nel ricostruire il quadro dei rapporti tra fonti interne e fonti europee, poi, occorre tenere in considerazione che a tutt’oggi la maggior parte della (cospicua) produzione legislativa dell’Unione in tema di diritto e procedura penale è costituita da atti “eccentrici” rispetto a quelli impiegati come fonti “ordinarie” d...
_OMISSIS_ ...o;Unione. Si tratta degli atti previsti dall’art. 34 del TUE nella versione vigente prima della modifica apportata dal Trattato di Lisbona, atti la cui descrizione era stata redatta con particolare cura per distinguerli, anche nel nome, dagli strumenti legislativi impiegati nel diritto comunitario “classico”.
In particolare, gli atti che disciplinavano la “cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale” (tale era la rubrica del Titolo VI del Trattato di Maastricht) erano le posizioni comuni, le decisioni quadro, le decisioni e le convenzioni. Il più rilevante tra questi (almeno dal punto di vista numerico), ovvero la decisione quadro, ricalcava la direttiva quale strumento normativo impiegato nel diritto comunitario “classico”, differenziandosi però nettamente da questa per gli effetti e per il valore giuridico (ed in particolare per quanto riguarda i poteri della Commissione e della Corte di Giustizi...
_OMISSIS_ ...e il recepimento negli ordinamenti interni degli Stati membri). Vedremo in seguito come la giurisprudenza della Corte di Giustizia abbia integrato questo quadro normativo di riferimento, e vedremo altresì qual è il regime transitorio che il Trattato di Lisbona ha introdotto in relazione agli strumenti legislativi adottati prima della sua entrata in vigore.
Da ultimo, occorre considerare che questo quadro normativo “vive” in un sistema giurisdizionale particolarmente complesso, che si compone di numerosi livelli e che prevede, in parte, anche la rilevanza della giurisprudenza di organi esterni tanto alla giurisdizione nazionale che a quella dell’Unione. Il giudice nazionale, infatti, si trova nella (non sempre agevole) posizione di essere al contempo giudice dello Stato membro, giudice "europeo" integrato nel sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione europea, e giudice "dei diritti fondamentali", come s...
_OMISSIS_ ...nvenzione europea dei diritti dell’uomo (“C.e.d.u.” nel prosieguo) e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’influenza del “sistema C.e.d.u.” sul diritto penale, tanto su quello interno quanto su quello creato dall’Unione, è infatti enorme; per quanto riguarda quest’ultimo, poi, è destinato a crescere ulteriormente allorquando, in obbedienza al disposto dell’art. 6 (2) TUE, l’Unione avrà aderito alla C.e.d.u.
Tutto questo porta alla conclusione che l’operatore del diritto che si occupa di diritto penale, il quale si trovi a dover ricostruire il quadro normativo vigente, dovrà armarsi di uno strumentario diverso da quello tradizionalmente impiegato per l’individuazione della norma applicabile rispetto al caso in cui questa derivi da una fonte interna. Deve quindi essere in grado di risolvere le “interferenze multilivello” sulla...
_OMISSIS_ ...o – operazione non sempre agevole – punti di riferimento interpretativi nuovi.
Scopo di questa prima parte dell’opera, dunque, è quello di offrire una sintesi di questi strumenti, in modo da poter valutare – ora ed in futuro – la reale portata pratica delle previsioni normative di matrice europea, che saranno successivamente illustrate, provvedimento per provvedimento, nella “parte speciale” dell’opera.