La sentenza n. 181/2011 della Consulta sulla determinazione dell'indennità di espropriazione ha come principale effetto quello di creare un horror vacui di considerevole profondità, senza ritenere necessario un intervento del legislatore, che tuttavia si ritiene invece essere doveroso se non addirittura “obbligatorio” vista la situazione conflittuale o farraginosa in cui versa l’intero schema strutturale del T.U. sugli espropri, la stessa ha trovato applicazione diretta nell’immediatezza della sua genesi.
Al riguardo si riporta un breve stralcio conclusivo di una pronuncia a sezioni unite della Suprema Corte, storicamente contestuale alla sentenza della Consulta, la quale, per la determinazione dell'indennità di espropriazione relativa alle aree non suscettibili di classificazione edificatoria, censura le norme di cui al titolo secondo della legge n. 865 del 1971 confermandone l’inapplicabilità: “il meccanismo ...
_OMISSIS_ ...sto da queste ultime norme non può avere più applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte, a meno che il rapporto non sia ormai esaurito in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità”.
La predetta statuizione acquisisce importanza perché spiega l’intervento diretto della Consulta sull’art. 40, la Corte in effetti non intendendo estendere la portata di illegittimità costituzionale anche al primo comma ne caduca i restanti ponendo nell’oblio anche l’interpretazione sistematica degli articoli 37, comma 9, 42 e 45 del T.U.Es.
Inoltre, la Cas...
_OMISSIS_ ...sce una transitorietà che regola l’applicazione della sentenza costituzionale ai rapporti ablativi in corso, generando però non pochi problemi per gli operatori pratici.
Tuttavia, il quadro previgente risulta modificato, considerando l’espunzione del criterio “valore agricolo medio” da ogni forma di computo dell’indennità espropriativa dei terreni non edificabili, con le dovute esimenti in riferimento alle maggiorazioni ed alle indennità aggiuntive previste per alcune tipologie di soggetti passivi.
L’art. 40 censurato rimane parzialmente salvo nei suoi commi 1, 4 e 5, di seguente se ne riproduce il tenore letterale: “1. Nel caso di esproprio di un’area non edificabile, l’indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, ...
_OMISSIS_ ...one all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola. 4. Al proprietario coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale spetta un’indennità aggiuntiva, determinata in misura pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticata. 5. Nei casi previsti dai commi precedenti, l’indennità è aumentata delle somme pagate dall’espropriato per qualsiasi imposta relativa all’ultimo trasferimento dell’immobile”.
Si considerano espunti, quindi non più applicabili, il secondo ed il terzo comma in relazione all’applicazione del valore agricolo medio per la determinazione dell’indennità per aree agricole.
Il comma 2, lett. d) dell’art. 45 T.U.Es. puntualizzava così sul corrispettivo dell’atto di cessione: “se riguarda un’...
_OMISSIS_ ...abile, coltivata direttamente dal proprietario, è calcolato moltiplicando per tre l’importo dovuto ai sensi dell’art. 40, comma 3. In tale caso non compete l’indennità aggiuntiva di cui all’art. 40, comma 4”.
L’ovvio corollario che ne conseguiva era differenziato a seconda o meno della conclusione dell’accordo di cessione: in caso di positività al proprietario coltivatore diretto sarebbe spettato il VAM triplicato secondo quanto previsto dal terzo comma dell’art. 40 e dalla lettera “D” del secondo comma dell’art. 45; in caso contrario di determinazione dell’indennità definitiva entravano in “gioco” il primo ed il quarto comma dell’art. 40, per cui in base al primo al proprietario coltivatore diretto sarebbe spettata un’indennità secondo il valore agricolo effettivo, in base al quarto un’indennità aggiuntiva secondo il valore medio.
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_OMISSIS_ ...DDIV|
La ratio sottesa al combinato disposto di norme richiamate, più che altro, era quella di prevedere una definizione più veloce alla procedura in cambio di un sostanzioso profilo premiale.
In ogni caso, la scelta ineriva il proprietario che, fatti “quattro calcoli”, ponderava se accettare l’alea di una determinazione definitiva dell’indennità tramite i mezzi previsti, sia amministrativi sia giudiziari, oppure accettare la somma maggiorata secondo il computo predetto.
La sentenza n. 181/2011 interviene correttamente per riportare in alveo di diritto e secondo i principi europei il criterio di valutazione dell’indennità secondo il canone del valore effettivo, quindi il rapporto strutturale tra le norme citate decade, i commi interessati vengono espunti, rimane soltanto il dubbio sull’applicazione delle maggiorazioni riconosciute in base a particolari requisit...
_OMISSIS_ ...redefiniti, già ampiamente chiariti in precedenza.
Autorevole interpretazione dottrinaria basa la sua ragionevole convinzione sulla “sopravvivenza” dell’art. 40, comma 4 e 37, comma 9, che sfuggono alla decisione della Consulta, per cui ciò che viene tutelato con la maggiorazione o indennità aggiuntiva è il diritto al lavoro e non la proprietà ampiamente soddisfatta dal riconosciuto valore di mercato.
Se così non fosse il sacrificio del proprietario sarebbe doppio in quanto oggetto di un esproprio che lo priva del bene e ne caduca l’attività lavorativa ivi impiantata.
Tale ragionamento è confutato de relato anche dalla giurisprudenza di merito, la quale afferma il carattere autonomo dell’indennità di esproprio da quella aggiuntiva, dichiarando espressamente che quest’ultima deve essere sempre calcolata secondo il valore medio at...
_OMISSIS_ ...ersa natura e disciplina.
Viene altresì considerato integro il disposto di cui all’art. 17 della legge 865/1971 per ciò che concerne l’estensione degli effetti d’incostituzionalità della sentenza della Consulta.
Altra prospettiva prevede che tali riconoscimenti aggiuntivi vadano ad essere computati ancora con il VAM, in quanto se così non fosse, cioè se anche la triplicazione o la maggiorazione fosse fatta con il valore pieno, si creerebbe un’ingiusta locupletazione a favore del proprietario che, invero, vedrebbe ingiustamente pagato doppiamente il valore del terreno secondo il prezzo di mercato ma per due titoli diversi: perdita della proprietà e perdita del lavoro.
La sperequazione diverrebbe fonte di un trattamento obbligazionario pecuniario iniquo, stante la causa ontologicamente diversa, diventando irrazionale la previsione di c...
_OMISSIS_ ...t. 45, comma 2 lett. d).
Così recentemente sul punto il Giudice di legittimità: “il sistema premiale di aumento o di triplicazione dell’indennità di cui all’art. 45, comma 2, lett. c) e d) fondato espressamente sull’incostituzionale parametro di cui all’art. 40, precedente comma 3, deve ritenersi abrogato per incompatibilità con il nuovo assetto normativo: essendo venuto meno il criterio legale (riduttivo) di commisurazione dell’indennizzo espropriativo costituito dal valore agricolo tabellare (VAM), l’art. 45 è stato privato del parametro cui faceva specificamente rinvio fisso, parametro che non è surrogabile con quello del valore venale del fondo succeduto al primo”.
Come si può notare, la Corte ravvisa l’incompatibilità del nuovo criterio di calcolo con il sistema delineato dalle lett. c) (maggiorazione) e d) (triplicazione) che facevano riferimento al VAM, e...
_OMISSIS_ ...ni non consentirebbero pertanto la surroga del nuovo computo rispetto a quest’ultimo per manifesta iniquità.
Ne scaturisce che la maggiorazione di cui alla lett. c) del comma 2 di cui all’art. 45, mutuata dalla legge 865/71, non può più essere pretesa e usata come mezzo di forzatura per una cessione, in quanto travalicherebbe l’indennità ottenuta su quello che oramai è un metodo di calcolo fondato sul valore venale del bene.
In tal senso, si ripete, il proprietario non può ottenere un prezzo maggiore di quello di mercato.
Senza suscitare fraintesi è bene chiarire che la stipula di una cessione volontaria ricopre ancora un’utilità bilaterale: dal punto di vista dell’Autorità espropriante, perché accelererebbe la procedura espropriativa in maniera del tutto “indolore”; dal punto di vista del soggetto passivo, perché potrebbe in via transattiva e sul...
_OMISSIS_ ...mera perizia di stima sul valore del bene ottenere una migliore valutazione, risparmiando in tempo ed in danaro se si andasse a chiedere una diversa determinazione in sede giudiziale.
Valutazioni aggiuntive della Corte di Cassazione portano a ritenere applicabile l’indennità aggiuntiva non soltanto sul semplice presupposto che il proprietario coltivatore diretto sia addivenuto ad una cessione consensuale, ma anche in caso contrario, ovvero se una volta accertato il valore venale del fondo e risulti che l’offerta prospettatagli fosse incongrua, si dia prova della mancanza di convenienza di conclusione anticipata della procedura mediante cessione.
L’assunto suddetto deve comunque essere raffinato, perché se è fatta salva l’indennità aggiuntiva, non così la triplicazione che, invero, viene a soccombere in quanto incompatibile con il nuovo sistema.
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_OMISSIS_ ...be essere altrimenti, considerato che la triplicazione dell’indennità determinata secondo i nuovi parametri realizzerebbe una valutazione del terreno superiore tre volte a quello che è il prezzo di mercato, contravvenendo immancabilmente non solo i giusti principi della pratica espropriativa, ma anche quelli di una normale compravendita.
In conclusione, si ritiene che la portata del quarto comma dell’art. 40 estenda il suo ambito di applicazione sia in caso di indennità provvisoria, per la quale operava la triplicazione, sia in caso di indennità definitiva.
Occorre ribadire che la particolare natura dell’indennità aggiuntiva e la diversa causa rispetto a quella dovuta per l’ablazione del diritto fondiario escludono categoricamente che questa possa essere non riconosciuta dall’Autorità espropriante sul presupposto di un’errata qualificazione come plusvalenza rispetto al valore di mercato del bene, si ricorda che l’indennità “accessoria” è calcolata secondo i VAM ed è qualificata dal sacrificio lavorativo a cui il proprietario coltivatore diretto va incontro.
L’esigibilità dell’indennità aggiuntiva procede in un unicum con quella dovuta per l’ablazione del terreno.
In ogni caso, l’indennità secondaria sarà dovuta a prescindere dal raggiungimento o meno di un accordo sulla principale e, comunque, sarà tutelabile nello stesso giudizio con il quale si chiede la determinazione definitiva di quella valutata per l’espropriazione, in quanto per natura viene d...