I diritti del proprietario espropriato dopo le sentenze n.348 e 349 della Corte Costituzionale

uo;articolo 5 bis, introdotto nel D.L. 333/1992 della Legge di Conversione 359/1992, stabiliva che, per i terreni edificabili, l’indennità di espropriazione dovesse essere ragguagliata alla media tra il valore di mercato ed il reddito dominicale del decennio, decurtata del 40%, riducendosi, così, a, circa, il 30% del valore.

Il secondo comma prevedeva che la decurtazione del 40% potesse essere evitata accedendo alla cessione volontaria, contro l’indennità provvisoria offerta.

Il terzo comma prescriveva che, perché il suolo potesse considerarsi edificabile ai fini indennitari, occorreva che ricorressero la possibilità legale e quella effettiva dell’edificazione.

Il quarto comma disponeva che i terreni che non avessero le caratteristiche previste dal terzo comma erano da indennizzare secondo i criteri di cui agli articoli 16 e 17 della Legge 865/1971 e, cioè, secondo i valori tabellari agricoli.
... _OMISSIS_ ...o;articolo 5 bis era stato già oggetto di immediato scrutinio della Corte Costituzionale, sia sotto il parametro dell’articolo 42, sia sotto quello dell’articolo 24.

Sotto il primo, per l’inadeguatezza dell’indennizzo; sotto il secondo, perché era prevedibile che l’espropriante offrisse indennità provvisorie riferite ad un valore di mercato già decurtato del 40%, rendendo improduttivo il ricorso all’opposizione giudiziale, che avrebbe ristabilito il valore reale, ma avrebbe reso inapplicabile il vantaggio previsto dal secondo comma.

Lo scrutinio era stato positivo sotto entrambi i parametri.

Quello dell’articolo 42, perché la Corte Costituzionale, rifacendosi alla precedente sua giurisprudenza, espressa a proposito della denunzia di altre leggi, che, in relazione a certe opere pubbliche, riducevano l’indennità, riaffermava che questa non dovesse essere necessariamente corr... _OMISSIS_ ...alore di mercato, ma dovesse corrispondere al massimo possibile di ristoro che l’espropriante poteva offrire all’espropriato, purchè, comunque, non si trattasse di un compenso puramente simbolico ed avesse un qualche rapporto con il valore di mercato.

Adattava, quindi, il concetto del “massimo ristoro possibile” alle condizioni precarie della finanza pubblica, in quel tempo costretta nei limiti imposti dall’ingresso nella moneta unica.

Concludeva che una indennità corrispondente al 30% circa del valore, in ragione della dichiarata temporaneità della norma, non si poneva in contrasto con l’articolo 42 e che il 40%, che poteva lucrarsi soltanto con l’accettazione, poiché costituiva un’entità premiale, non contrastava con la garanzia della difesa giudiziale dei diritti e degli interessi, prevista dall’articolo 24.

La Finanziaria del 1995 (Legge 28.12.1995 n. 549), al comma 65 ... _OMISSIS_ ...colo 1, modificava il sesto comma dell’articolo 5 bis, disponendo che le norme previste per la liquidazione dell’indennità relativa ai terreni edificabili si applicassero anche ai risarcimenti per le occupazioni divenute illegittime.

La norma era denunziata alla Corte Costituzionale, che la dichiarava incostituzionale sotto il parametro dell’articolo 3, affermando irragionevole che il risarcimento da illecito potesse corrispondere all’indennità da espropriazione legittima; ma, con un obiter dictum, suggeriva che neanche il risarcimento dovesse, necessariamente, corrispondere all’intero valore di mercato.

Suggerimento colto al volo dal legislatore, che, con il comma 65 dell’articolo 3 della Finanziaria del 1996 (Legge 662/1996), aggiungeva al 5 bis un comma 7 bis, che stabiliva che il risarcimento fosse determinato secondo i criteri di cui al primo comma, senza la decurtazione del 40% della media e con un i... _OMISSIS_ ...0% (in pratica, ragguagliando il risarcimento al 55% del valore).

La Corte di Cassazione, peraltro, interpretando il terzo comma dell’articolo 5 bis, cominciava con il sottolineare che “le possibilità legali ed effettive” di edificare dovevano coesistere, perché un suolo potesse essere considerato edificabile, restando, così, la vocazione edificatoria indicata dalla contiguità di altre costruzioni e dalla presenza dei servizi (strade, luce, telefono, fogne, ecc.), rilevante soltanto in presenza di una conforme destinazione urbanistica, ovvero in mancanza di uno strumento urbanistico vigente.

Escludeva, cioè, la Cassazione, che potesse esser preso in considerazione, a fini indennitari, un “tertium genus” tra terreno destinato all’edificazione dallo strumento urbanistico e terreno agricolo.

Interpretazione certamente aderente alla lettera della legge, in ragione dell’ “... _OMISSIS_ ...e tra le parole “legali” e “effettive” in luogo di una “0” avversativa; ma che indicava come quella norma determinasse un ulteriore allontanamento delle indennità dal valore di mercato del bene espropriato.

Infatti, il reale valore di mercato del terreno può, evidentemente, essere ben diverso da quello meramente agricolo, in relazione a molteplici condizioni diverse dalla destinazione urbanistica all’edificazione da parte dei privati.

Può esserlo in relazione alla sua sola natura geologica, per esempio, per la presenza di una sorgente o di una cava.

Può esserlo per una particolare amenità, che lo renda idoneo alla realizzazione di un agriturismo o di un campo di golf.

Può esserlo per la prossimità ad un centro edificato e per l’esistenza dei servizi (trasporti, strade, energia, acqua, telefono, ecc.) che rendono probabile una prossima estensione dell’abitato ... _OMISSIS_ ...ione, previa variante dello strumento urbanistico.

Peraltro, la destinazione urbanistica che ha privato un terreno delle “possibilità legali di edificazione”, nel senso restrittivo corrispondente al “diritto vivente”, può avere inciso su un valore di mercato cospicuo pregresso, così come accade per la destinazione a verde, a parcheggio, o a edilizia pubblica, di suoli già compresi nel tessuto urbano al momento dell’adozione dello strumento urbanistico o di una sua variante.

La Cassazione mutava, peraltro, via via, la distinzione tra vincoli di natura conformativa e vincoli di natura espropriativa, che determinano la inedificabilità; i primi, incidenti sull’indennità, in quanto connaturati al bene; i secondi, in quanto non indennizzati al momento dell’imposizione, da considerare, nella determinazione dell’indennità, “tamquam non essent”.

Mentre, originariamente,... _OMISSIS_ ...ati conformativi soltanto i vincoli ambientali, paesaggistici, idrogeologici, archeologici, o di distanza da strade, ferrovie, spiagge, fiumi, cimiteri, ecc., perché connaturati al bene vincolato, la Cassazione ha stabilito (in questo caso, molto discutibilmente) che dovessero essere considerati “conformativi” e, perciò, incidenti sull’indennità, tutti i vincoli nascenti dagli strumenti urbanistici, malgrado il fine sotteso alla loro imposizione fosse realizzabile soltanto attraverso l’espropriazione (esempio, il vincolo a verde pubblico, a parcheggio, ecc.).

Successivo e ancor più discutibile passaggio è stato quello che ha statuito doversi intendere per edificabilità legale soltanto quella destinazione dello strumento urbanistico che consentisse l’edificazione da parte dei privati, considerando, perciò, da indennizzarsi, secondo i criteri del quarto comma dell’articolo 5 bis, i suoli destinati ad interventi pubblici, ... _OMISSIS_ ...ariamente edilizi.

E, poiché scuole, ospedali, caserme, palazzi comunali, palazzi di giustizia, impianti sportivi, ecc., vengono edificati in zone a ciò destinate dagli strumenti urbanistici, ne consegue che, alla stregua di quella Giurisprudenza, le uniche espropriazioni non indennizzate secondo valori agricoli restavano (e, purtroppo, allo stato, restano) quelle realizzate nell’ambito dei piani per l’edilizia economica e popolare o nell’ambito dei piani per gli insediamenti produttivi, perché in quegli ambiti è ammesso anche l’intervento dei privati.

Ultimamente (vedi Cass. 27.5.2005 e seguenti conformi), la Cassazione aveva esteso la pretesa di edificabilità legale secondo il criterio restrittivo previsto per le indennità di espropriazione anche ai risarcimenti da occupazione illegittima, sicchè gli unici risarcimenti riferiti al valore edificabile finivano per essere quelli relativi a procedure ablatorie abortite ... _OMISSIS_ ...to dei P.E.E.P. e dei P.I.P..

Questa situazione della Legislazione e della Giurisprudenza italiana in tema di indennità e risarcimento in materia di espropriazione era denunziata, nello scorcio degli Anni Novanta, alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, come contrastante con la tutela del diritto di proprietà assicurata dall’articolo 1 del Protocollo aggiuntivo 1 della Convenzione e con la tutela del diritto all’equo processo, assicurata dall’articolo 6, paragrafo primo, della Convenzione stessa.

La Corte di Strasburgo, con due sentenze, entrambe in data 30.5.2000, Carbonara e Ventura contro Italia e Belvedere Alberghiera S.r.l. contro Italia, aveva condiviso le tesi dei ricorrenti e condannato l’Italia al risarcimento del danno ulteriore, rispetto a quello che era stato liquidato, a carico degli esproprianti, dai giudici italiani.

Sulla scorta di quelle due decisioni, era stato richiesto, in al... _OMISSIS_ ...al giudice italiano, la disapplicazione di norme e principi che la Corte di Strasburgo aveva ritenuto in contrasto con la Convenzione.

La questione, approdata in Cassazione, era stata rimessa alle Sezioni Unite.

Con la sentenza 14.4.2003 n. 5902, le Sezioni Unite avevano respinto il Ricorso, sostenendo che i precedenti indicati della Corte di Strasburgo non rispecchiavano il caso dedotto in disputa, che rifletteva una occupazione acquisitiva classica.

Non Belvedere Alberghiera S.r.l. contro Italia, che rispecchiava un caso di “occupazione usurpativa”, situazione per la quale la giurisprudenza italiana era pacificamente orientata verso una reintegrazione integrale (sicchè, aveva semplicemente sbagliato il Giudice interno, ad applicare il comma 7 bis dell’art. 5 bis della Legge 359/92).

Non Carbonara e Ventura contro Italia, che riguardava, sì, un caso di “occupazione acquisiti... _OMISSIS_ ...tizzava l’inesistenza, all’epoca dei fatti e della domanda giudiziaria (rispettivamente, 1970 e 1980), di norme chiare ed accessibili, così in ordine alle conseguenze dell’apprensione illegale del bene, come in ordine alla prescrizione del diritto alla reintegrazione pecuniaria.

Situazione di incertezza non più attuale, essendo, ormai, le conseguenze dell’aborto delle procedure espropriative, rese chiare da una giurisprudenza univoca e costante e da norme di legge che ne hanno recepito i principi ed essendo, pure, ormai, chiaramente ed univocamente indicato il dies a quo della prescrizione.

Prima di esaminare la denunzia di contrasto dell’art. 5 bis della Legge 359/92 con la Convenzione ed escludere che il detto contrasto risultasse, inequivocamente, dai citati precedenti della Corte di Strasburgo, la sentenza 5902/2003 delle Sezioni Unite teneva, tuttavia, a fissare i seguenti principi:

1)... _OMISSIS_ ...lla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, sottoscritta e ratificata dall’Italia, costituiscono norme di diritto interno sovraordinate, in ragione della novella all’articolo 117 della Costituzione, rispetto alle legge interna ordinaria.

2) In caso di contrasto, la norma ordinaria deve essere disapplicata e la disapplicazione spetta al Giudice Ordinario, senza ricorso alla Corte Costituzionale, alla quale va’ denunziato soltanto il contrasto della legge ordinaria con norme costituzionali.

Petizione di principio, questa, ispirata, evidentemente, dalla Giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza “La Pergola” e successive) in ordine al contrasto con norme di diritto comunitario, ritenute da applicarsi dal Giudice Ordinario, con prevalenza, in caso di contrasto chiaro, sulla legge interna ordinaria e devolvendosi l’eventuale dubbio sul contrasto alla Corte di Giustizia di Lussemburgo attravers... _OMISSIS_ ...vio pregiudiziale”.

3) Il Giudice Ordinario, per valutare se il contrasto sussista, o meno, deve riferirsi ai precedenti della Corte di Strasburgo, perché, anche se le sue sentenze valgono per il caso singolo, quella Corte è il più alto interprete della Convenzione.

Sempre in senso negativo sulla disapplicazione dell’art. 5 bis della Legge 359/92, ma ribadendo i principi sopra indicati sub 1, 2 e 3, si esprimeva Cass. Prima Sezione 11.6.2004 n. 11096.

Dopo che le Sezioni Unite avevano fissato i detti principi, il 20 luglio 2004, era depositata ...


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Autore

Scaglione, Francesco

Avvocato in Locri