Nozione, ratio e limiti della cooperazione giudiziaria internazionale in ambito penale

Nozione, ratio e limiti della cooperazione giudiziaria internazionale in ambito penale

 La cooperazione giudiziaria internazionale riguarda le attività compiute dall’autorità giudiziaria di uno Stato nell’àmbito di un procedimento pendente o già celebrato in uno Stato terzo . Ad esempio, la ricerca di elementi di prova fuori dai confini nazionali o l’individuazione e la cattura di criminali riparatisi all’estero sono attività chiave della cooperazione giudiziaria internazionale.

Con specifico riferimento al settore penale, l’esigenza di sviluppare un efficace coordinamento fra le autorità giudiziarie di diversi Stati deriva prevalentemente dalla crescente facilità di circolazione delle persone e dei fattori produttivi: le innovazioni tecnologiche, economiche ed ordinamentali che sostengono l’espansione internazionale e la globalizzazione della società civile sono infatti le stesse che sorreggono lo sviluppo transnazionale della «società incivile», alias della criminalità –sempre più- organizzata.

Da quanto detto si possono individuare i principali obiettivi della cooperazione giudiziaria internazionale:
1) contrastare la criminalità transfrontaliera , assicurando che l’attività di prevenzione e repressione trascenda la dimensione nazionale;
2) agevolare lo svolgimento di quei procedimenti penali che, pur non riguardando crimini transfrontalieri in senso stretto, richiedono il compimento in uno Stato terzo di atti procedimentali per i quali difetta la giurisdizione.

A fronte di queste pressanti esigenze, le potenzialità della cooperazione giudiziaria sono fisiologicamente condizionate dalla tradizionale concezione della sovranità statuale e dal principio di territorialità del diritto penale: si tratta di un retaggio ottocentesco, secondo il quale la giustizia penale e la sovranità statuale costituiscono un binomio indissolubile da cui discende che è lo Stato a detenere[Omissis - versione integrale presente nel testo].

Un ulteriore limite alla cooperazione giudiziaria è posto dalla diversità delle priorità politiche e dalla sorprendente varietà degli istituti di diritto penale sostanziale e processuale vigenti nei singoli Stati. Tali divergenze si traducono in frontiere politiche e giuridiche che tanto ostacolano la cooperazione internazionale fra le autorità giudiziarie quanto offrono alla criminalità il vantaggio di poter scegliere lo Stato più adatto alla realizzazione delle proprie attività illecite, id est il paese con la normativa penale più lacunosa, gli organi inquirenti più lenti e il più basso impiego di strumenti di cooperazione.

Tale fenomeno prende il nome di forum shopping.
Il tratto distintivo della cooperazione giudiziaria risiede dunque in questa indissolubile coesistenza di limiti e progressi, di forze centripete e centrifughe, di retaggi del passato e spinte innovative. La sfida consiste nel bilanciare questi elementi al fine di adottare strumenti che non solo siano efficienti ed efficaci ma predispongano anche adeguate garanzie procedimentali.


Le peculiarità della cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione europea: le libertà fondamentali, l’eterogenesi dei fini, la cooperazione normativa e il ruolo della Corte di Giustizia

La cooperazione giudiziaria in materia penale, calata nel processo di integrazione europea, assume alcuni tratti caratteristici dovuti agli obiettivi e al quadro istituzionale posto dai Trattati.

Il primo riguarda la maggior facilità di movimentazione degli individui e dei fattori produttivi dovuta alla progressiva instaurazione di un mercato comune fondato sulle libertà di circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali. Questo ha costituito fin dalle origini dell’Unione europea un potentissimo veicolo di diffusione e sviluppo della criminalità transnazionale, rendendo la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri un’esigenza ancora più pressante.
Oltre al maggior grado di libertà, il contesto europeo si caratterizza per un’inedita evoluzione dei fini della cooperazione giudiziaria in materia penale. E' importante sottolineare fin d’ora come, a differenza del diritto internazionale pattizio, il modello europeo di cooperazione giudiziaria non sia rimasto fondato sul contrasto degli effetti collaterali dell’integrazione economica ma sia risultato funzionale al raggiungimento degli ulteriori obiettivi posti dai Trattati: dall’eliminazione degli ostacoli alle libertà di circolazione alla realizzazione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Riguardo alle modalità con cui la cooperazione giudiziaria si realizza, il modello europeo si affranca dall’accezione debole di cooperazione in quanto non si limita alla tradizionale collaborazione funzionale e operativa fra le autorità giudiziarie, destinata principalmente al coordinamento delle giurisdizioni nazionali, ma si estende all’armonizzazione delle normative nazionali. Tale opera di ravvicinamento si distingue da quella attuata al di fuori del contesto dell’Unione non solo poiché deriva da obblighi imposti dai Trattati in capo agli Stati, ma anche perché è volta al rafforzamento della fiducia reciproca fra gli Stati membri, a sua volta premessa irrinunciabile per l’applicazione del principio del mutuo riconoscimento.
Un’ultima peculiarità della cooperazione giudiziaria penale nell’Unione riguarda il contesto istituzionale, e in particolar modo il ruolo della Corte di Giustizia. Pur in assenza di un’originaria competenza in materia penale in capo al legislatore europeo, la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo ha esteso all’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale l’applicazione di alcuni principi del diritto comunitario, come la leale cooperazione, l’obbligo di interpretazione conforme e il principio di non discriminazione, precorrendo molte delle novità introdotte dal Trattato di Lisbona.

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