Il concetto di pornografia minorile
L’art. 600 ter, c. p., come le altre fattispecie volte a reprimere lo sfruttamento sessuale dei minori, è stato inserito nel Titolo XII, Capo III, del codice penale, concernente i delitti contro la libertà individuale |
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Lo sfruttamento del minore a fini pornografici
L’articolo 600 ter, primo comma, c.p., punisce «»chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce il materiale pornografico, ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche». |
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Commercializzazione del materiale pedopornografico
La ratio sottesa a tale previsione incriminatrice, infatti, è quella di impedire la diffusione, attraverso il commercio, del materiale a sfondo pornografico realizzato con l’impiego di minori. Così facendo il legislatore ha tentato di reprimere il fenomeno colpendo anche tutte quelle condotte poste in essere in un momento successivo rispetto a quello propedeutico della produzione del materiale pedopornografico. |
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L'offerta e la cessione del materiale pornografico
L’art. 600 ter, quarto comma, c. p., rappresenta la norma di chiusura dell’intero e articolato sistema piramidale, a livelli decrescenti di disvalore [108], che il legislatore ha predisposto per contrastare l’aberrante fenomeno della pedopornografia. La norma in parola punisce colui che, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo del medesimo articolo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico realizzato utilizzando minori di anni diciotto. |
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Detenzione di materiale pedopornografico
Questa ipotesi delittuosa punisce il consumatore finale del prodotto pornografico minorile ed è posta a tutela del sano e corretto sviluppo sessuale del minore. |
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Pornografia virtuale
La norma in esame stabilisce che le medesime condotte di cui agli articoli 600 ter e 600 quater, c. p., «si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse». La norma, poi, al secondo comma, afferma che «per immagini virtuali devono intendersi quelle realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali |
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Pedofilia telematica: attività sotto copertura delle Forze dell'Ordine
A partire dagli anni ’90 il legislatore ha iniziato a tipizzare diverse figure del cosiddetto «agente provocatore», in considerazione delle accresciute esigenze investigative nell’ambito di indagini concernenti fenomeni criminosi particolarmente estesi ed in relazione ai delitti di pedopornografia minorile |
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Origini e ratio dell'istituto della messa alla prova del minore
Attraverso tale istituto si offre, infatti, al minore la possibilità di ottenere la sospensione del processo e di iniziare un percorso, monitorato dal tribunale e gestito dai servizi sociali ministeriali e territoriali, attraverso il quale il giovane può gradualmente assimilare le regole atte a reinserirlo correttamente nel contesto sociale. |
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Natura giuridica della messa alla prova del minore
All’interno dell’ordinamento italiano, per quanto riguarda la natura giuridica della messa alla prova, essa viene considerata come una causa di estinzione della punibilità, ed in particolare, come causa di estinzione del reato.
Tra le cause di estinzione della punibilità infatti, il nostro codice penale distingue tra cause di estinzione del reato e della pena.
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Presupposti oggettivi della messa alla prova del minore
Sotto il profilo oggettivo, occorre premettere che punto di partenza per l’analisi dell’istituto della messa alla prova è il fatto che il minore sia entrato nel circuito penale a seguito della commissione di un reato e che quindi vi sia stata una notitia criminis . |
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L'avvio della procedura di messa alla prova
La sospensione del processo con messa alla prova rappresenta, dal punto di vista della difesa, un espediente processuale ottimale, soprattutto in ragione della possibilità dell’esito positivo di tale esperimento, che non lascia tracce nel casellario giudiziale del minore, estinguendo il reato. |
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La decisione di mettere alla prova il minore
Una volta che sia stata presa l’iniziativa in merito alla disposizione della prova, indipendentemente da chi ne sia stato il promotore, occorre sottolineare come la decisione di accoglimento appaia subordinata ad una pluralità di interventi.
Nell’art. 28 d.P.R 448/1988 si richiede infatti che il giudice disponga la prova «sentite le parti», in applicazione del principio processuale generale del contraddittorio. |
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Lo svolgimento della prova dei minori
Disposta, quindi, la sospensione del processo, inizia lo svolgimento della prova, la cui durata massima varia in relazione alla pena edittale prevista per i reati per i quali si procede: tre anni, per i reati per cui è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni, un anno negli altri casi. |
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Decisione sull'esito della prova
Alla conclusione del periodo di prova sono possibili dunque due esiti: o si considera superata la prova ed il reato è dichiarato estinto; o non si considera superata la prova e trovano applicazione gli artt. 32 e 33 del d.P.R 448/1988, relativi alle forme dell’udienza preliminare o dibattimentale, a seconda della fase di concessione del periodo di sospensione. |
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Le impugnazioni nella messa alla prova del minore
Passiamo adesso ad analizzare il caso in cui il giudice, una volta redatto il progetto e sottoposto alla sua valutazione, abbia deciso, nell’esclusivo interesse del minore, di emanare una ordinanza motivata con cui nega la concedibilità della sospensione. |
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Il ruolo dei servizi sociali nella messa alla prova
Fondamentale per la buona riuscita della messa alla prova del minore è il ruolo assunto dai servizi sociali sia ministeriali che territoriali. A tali soggetti, infatti, viene affidato uno dei compiti più importanti nell’ambito della messa alla prova, ossia quello di predisporre il progetto di recupero del minore e di affiancarlo nel suo svolgimento, redigendo alla fine di tale percorso una relazione che sarà poi la base su cui il giudice deciderà circa la riuscita o meno della prova. |
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