Analisi delle statistiche dei provvedimenti di messa alla Prova del Minore e conclusioni

Analisi delle statistiche dei provvedimenti di messa alla prova del minore e conclusioni finali


I provvedimenti di messa alla prova


Analizziamo innanzitutto i dati relativi ai provvedimenti di messa alla prova con riferimento agli aspetti di carattere giudiziario quali i reati, lo status del minore al momento della messa alla prova e la durata di quest’ultima.

Tabella 1.1 – Provvedimenti di messa alla prova ex art. 28 d.P.R 448/1988 negli anni 1992 – 2009 su scala nazionale.
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Nella tabella 1.1 sono indicati i provvedimenti di messa alla prova applicati, su scala nazionale, dal 1992 al 2009.
Da tali dati, possiamo evincere un andamento crescente del numero di provvedimenti di sospensione del processo e di messa alla prova, soprattutto a partire dal 1996.
Questo dato nazionale potrebbe avere più interpretazioni:
- che negli anni ci sono stati più minori che ai giudici pareva potessero portare a buon fine il programma educativo;
- che la messa alla prova con gli anni ha dimostrato la sua efficacia e quindi è stata più disposta;
- che gli agenti responsabili si sono «perfezionati» nell’offrire percorsi educativi che si sono dimostrati maggiormente rispondenti ai bisogni dei minori e pertanto da loro più fruibili.

Le ultime due ipotesi, che sembrano più consistenti rispetto alla prima, sono tra loro interdipendenti, nel senso che l’efficacia della prova è data, oltre che dalla buona volontà del ragazzo, anche dalla validità dei programmi educativi che gli vengono proposti .
Inoltre, non bisogna dimenticare che, nei primi anni dall’entrata in vigore del d.P.R 448/1988, tale istituto ha visto una scarsa applicazione dovuta ad incertezze circa i criteri di applicabilità dell’art. 28, a difficoltà organizzative all’interno dei servizi, che si sono ritrovati a dover far fronte ad un enorme carico di lavoro con una notevole scarsità di mezzi, e ad una sua interpretazione intesa in senso piuttosto restrittivo.
Con riferimento all’Autorità Giudiziaria, dai dati indicati nella tabella 1.2, emerge come, nel corso degli anni, sia sempre stata luogo privilegiato per l’emissione dell’ordinanza di concessione della messa alla prova l’udienza preliminare, dimostrando ancora l’attuale sfavore della maggior parte della giurisprudenza per la concessione di tale misura nel corso del giudizio di appello.

Tabella 1.2 – Provvedimenti di messa alla prova ex art. 28 d.P.R. 448/1988 per autorità che ha emesso il provvedimento

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Passiamo poi ad analizzare la tipologia di reati per cui viene concessa la messa alla prova .
Dall’esame dei dati riportati nella tabella 1.3, si osserva la prevalenza dei reati contro il patrimonio, soprattutto furto e rapina, seguiti dai reati contro la persona, ed in particolare le lesioni personali volontarie, ed in fine dalle violazioni delle disposizioni contenute nel d.P.R. 309/1990 in materia di sostanze stupefacenti.

Tabella 1.3 – Provvedimenti di messa alla prova ex art. 28 d.P.R. 448/1988 secondo il reato più grave. Anno 2009

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La maggior parte dei provvedimenti di messa alla prova riguardano in genere minori a piede libero (sono infatti il 72% nel 2009), mentre tra i minori sottoposti a misura cautelare prevalgono quelli collocati in comunità ed in permanenza in casa.

Tabella 1.4– Provvedimenti di messa alla prova ex art. 28 d.P.R. 448/1988 secondo lo status dei minori interessati. Anno 2009

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Passando a considerare la durata della prova, dall’esame dei dati riportati nella tabella 1.5 emerge una durata media del periodo di prova di 9,9 mesi, mentre la massima frequenza si può attestare in corrispondenza dei dodici mesi.
Per quanto riguarda il rapporto fra la durata media della prova e le diverse tipologie di reato, è stato calcolato che la durata della prova mediamente più lunga riguarda i casi di omicidio. Anche i reati di violenza sessuale, rapina, estorsione e inerenti alla violazione delle disposizioni in materia di stupefacenti però, registrano delle durate superiori a quella media (tabella 1.5-bis)

Tabella 1.5 – Provvedimenti ex art. 28 d.P.R. 448/1988 per durata della messa alla prova espressa in mesi. Anno 2009

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Tabella 1.5-bis – Provvedimenti di messa alla prova ex art. 28 d.P.R. 448/1988 per alcuni tipi di reato e corrispondente durata media della prova. Anno 2009

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Il progetto di messa alla prova verte su un preciso programma trattamentale, elaborato in materia specifica per ciascun minore e basato sull’interazione dello stesso con le figure parentali adulte di riferimento e con le risorse educative dell’ambiente di provenienza.

Il lavoro di èquipe nella elaborazione e gestione dei progetti è di fondamentale importanza come la collaborazione fra i vari enti che si occupano della gestione del progetto di messa alla prova, infatti, come si evince dalla tabella 1.6, la maggior parte dei progetti viene elaborata dall’USSM in collaborazione con altri enti.
Dal 1999 si può notare un andamento crescente delle collaborazioni tra l’USSM e altri enti, segno dell’affermarsi di una sempre maggiore sensibilità in tale senso.

Per quanto riguarda i progetti gestiti esclusivamente dall’USSM, si può constatare un aumento di tali casi nel corso degli anni (che va comunque di pari passo con l’aumento della concessione di messe alla prova), con il raggiungimento di un picco massimo nel 2002 con 265 progetti elaborati solo dai servizi sociali dell’amministrazione della giustizia. Tale tendenza ha però subito una modifica negli ultimi due anni, dove sono appunto diminuiti i casi di gestione esclusiva da parte dell’USSM e dove, soprattutto nel 2005, sono aumentati i casi di collaborazione.
La gestione di progetti solo da parte degli enti locali è un fenomeno piuttosto raro, visto il notevole carico di lavoro a cui essi devono far fronte, ed è comunque rimasto piuttosto costante nel corso degli anni, con un solo picco nel 2004 in cui si sono attestati 138 casi, contro la media di 40 degli anni precedenti.


Tabella 1.6 – Gestione progetti. Dal 1999 al 2009

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Per quanto riguarda l’analisi degli enti che hanno collaborato allo svolgimento dei progetti di messa alla prova, si osserva in particolare, la forte partecipazione del privato sociale e dei servizi sociali del comune di appartenenza.
Questo particolare tipo di collaborazione si concretizza soprattutto nella fase di sostegno al minore nella partecipazione al progetto educativo.
La partecipazione dei Comuni e del Privato Sociale è rimasta sempre piuttosto costante nel corso degli anni, come si evince dalla tabella 1.7, mentre si può notare un aumento del coinvolgimento delle asl all’interno dei progetti, soprattutto per quanto riguarda l’operato del Ser.T, per il sostegno ed il recupero del minore di fronte a fenomeni di consumo e spaccio di sostanze stupefacenti.

Tabella 1.7 – Progetti in collaborazione fra Ussm ed Enti Locali secondo l’ente che ha collaborato. Dal 1999 al 2009

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Per quanto riguarda, invece, le prescrizioni impartite dal giudice nel provvedimento di messa alla prova, la maggior parte di esse riguarda l’attività di volontariato, seguita dall’attività lavorativa e dallo studio.
Le prescrizioni inerenti alla cosiddetta mediazione penale indiretta, che comprendono le attività socialmente utili ed il volontariato, rivolte verso la comunità in generale e non verso la vittima del reato, sono numericamente superiori rispetto alle prescrizioni riguardanti la conciliazione con la parte lesa. Ciò è testimonianza delle difficoltà che ancora si presentano nel fare ricorso a tale strumento.
Importante è anche la prescrizione della permanenza in comunità, che si inserisce nella funzione di sostegno al minore da parte degli operatori nel cammino di recupero, soprattutto nei confronti dei minori stranieri, che non possono ricevere tale sostegno da parte della propria famiglia; in quest’ottica si inserisce bene anche l’attività sportiva, in particolare di quella di squadra, ottimo strumento educativo soprattutto per trasmettere ai ragazzi l’importanza delle regole, del rispetto e della collaborazione con gli altri.

Tabella 1.8 – Prescrizioni impartite ai minori messi alla prova ex art. 28 d.P.R. 448/1988 secondo la nazionalità. Anno 2009

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I minori messi alla prova


L’analisi che affrontiamo adesso, si sviluppa sulla base delle principali caratteristiche dei minori messi alla prova, considerando in particolare l’età, il sesso, il paese di provenienza, il titolo di studio e l’eventuale attività lavorativa.
Dall’analisi della tabella 2.1 si evince che la fascia di età comprendente i minori tra 16 e 17 anni rappresenta il 48,4% del totale, mentre quella relativa ai 18 anni ed oltre il 43,6%; si tratta spesso, in quest’ultimo caso, di soggetti che hanno commesso il reato da minorenni e che risultano essere maggiorenni al momento della messa alla prova.

Tabella 2.1 – Soggetti messi alla prova ex art. 28 D.P.R 448/1988 per classi di età sesso e nazionalità. Anno 2009

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Con riferimento alla nazionalità, dalla tabella 2.2, si può evincere una concessione crescente della messa alla prova nei confronti degli stranieri dal 1999 al 2009, anche se tali ipotesi restano di gran lunga inferiori rispetto ai progetti predisposti nei confronti di ragazzi italiani.

Nel 2009, in particolare, gli stranieri hanno costituito il 16,8% del totale dei minori messi alla prova.
Questi dati dimostrano che ancora oggi, a venti anni dall’entrata in vigore del d.P.R 448, sussistono delle notevoli difficoltà nel predisporre dei progetti di messa alla prova nei confronti di ragazzi stranieri. Ciò ha indotto vari studiosi a riflettere se la messa alla prova sia davvero un’opportunità per tutti, ed a parlare di conseguenza di una utenza “selezionata”, nei cui confronti viene preferibilmente concesso tale istituto .

Il dato statistico, infatti, tratteggia come fruitori privilegiati della messa alla prova, ragazzi italiani, sui diciotto anni, di fascia sociale medio-alta, appartenenti a nuclei familiari non troppo problematici, in cui sono spesso presenti entrambi i genitori.
Emerge dunque un trattamento differenziato in malam partem nei confronti degli stranieri, i quali, a parità di condotta, sono ancora posti in una posizione di svantaggio rispetto ai coetanei italiani.

Tabella 2.2 – Provvedimenti di concessione della messa alla prova in base alla nazionalità. Anni dal 1999 al 2009

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Passando poi a considerare il livello di istruzione dei ragazzi a cui viene concesso l’istituto della messa alla prova, nella tabella 2.3 è riportata la distribuzione dei soggetti messi alla prova nel 2009 secondo il titolo di studio conseguito e la classe di età.

Dall’analisi di tali dati si può notare che l’81% dei soggetti in esame ha completato la scuola dell’obbligo, mentre solo il 1% non è in possesso di alcun titolo di studio.
Nella maggior parte dei casi, si delineano delle difficoltà a livello delle scuole superiori, che spesso si concretizzano in un abbandono precoce degli studi.


Tabella 2.3 – Soggetti messi alla prova ex art. 28 D.P.R. 448/1988 per titolo di studio e classi di età

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3. Analisi Territoriale


Analizziamo infine la distribuzione territoriale dei provvedimenti di messa alla prova.

Tabella 3.1 – Distribuzione territoriale provvedimenti di sospensione del processo e messa alla prova. Anno 2009

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Dalla tabella 3.1, possiamo ricavare che la messa alla prova, in generale, come sopra esposto, viene applicata maggiormente nei confronti di soggetti di nazionalità italiana, e tale disparità risulta maggiormente evidente al sud e sulle isole. Le regioni del nord Italia sono quelle in cui sono stati concessi più provvedimenti di messa alla prova e dove c’è un maggiore equilibrio fra italiani e stranieri.

Nella tabella 3.2 sono riportati i provvedimenti di concessione della messa alla prova ripartiti per sede processuale.
Da tali dati possiamo notare la differenza con cui viene concepito ed applicato, all’interno di tutto il territorio italiano, l’istituto della messa alla prova.

Mentre infatti, in alcune parti d’Italia viene fatto un notevole uso della messa alla prova, altri tribunali utilizzano tale strumento con molto rigore ed in casi piuttosto limitati.
Le sedi processuali dove, nel corso degli anni, sono stati emessi il maggior numero di provvedimenti sono Genova e Milano al nord, Firenze e Roma al centro, Napoli, Lecce, Bari, Taranto al sud, Cagliari e Catania nelle isole.
I tribunali di Trieste e di Reggio Calabria invece, si sono dimostrati, negli anni dal 1999 al 2009, i più restii a concedere tale istituto, con rispettivamente 161 e 109 casi in undici anni.


Tabella 3.2 – Provvedimenti di concessione art. 28 D.P.R 448/1988 per sede processuale. Anni dal 1999 al 2006.

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CONCLUSIONI


La messa alla prova introdotta dal legislatore con il d.P.R 448/1988 rappresenta ancora oggi, a più di 20 anni dalla sua introduzione, una delle più grandi e più discusse innovazioni del diritto minorile. Tale istituto infatti, che si configura come mezzo di destigmatizzazione della condotta illecita e di deflazione delle condanne, costituisce uno dei più efficaci strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per interrompere realmente il circuito criminoso in cui si è venuto a trovare il minore garantendogli un percorso personalizzato finalizzato al suo recupero e alla sua rapida uscita dal sistema penale.
La predisposizione, in particolare, del progetto educativo da parte dei servizi sociali consente di responsabilizzare il ragazzo inserendolo in dei canali (vedi per esempio l’ambito del volontariato, la scuola o l’ambiente lavorativo) idonei a favorirne al tempo stesso il recupero sociale e la crescita personale.

Con l’istituto della messa alla prova dunque, pare evidente che il legislatore, considerata proprio la particolare utenza a cui ci si rivolge, abbia scelto di privilegiare più che l’aspetto punitivo della pena la sua valenza rieducativa.
Tale intento, indubbiamente positivo, rischia però di essere irrimediabilmente vanificato qualora l’istituto della messa alla prova non venga correttamente applicato.

La buona riuscita della messa alla prova presuppone infatti, oltre alla necessaria partecipazione attiva del minore, un grande impegno da parte delle istituzioni e soprattutto, cosa assai più difficile, un notevole investimento di risorse economiche.
La redazione di un progetto da parte dei servizi sociali il più possibile adeguato alle esigenze del minore, unito ad un costante monitoraggio, consentono di coinvolgere il ragazzo in un percorso di crescita e di reinserimento all’interno della società facendo del reato commesso un occasione per ripartire su un diverso binario invece di perdurare nella preesistente situazione di disagio.

Gli equilibri da rispettare e le difficoltà pratiche da affrontare in tale ambito non sono però poche, soprattutto se si considerano le problematiche relative al coordinamento fra i vari operatori e la purtroppo assai frequente mancanza di risorse che affligge gli enti locali.

Nonostante ciò, l’aumento costante nel corso degli anni dell’applicazione di tale istituto unito all’alta percentuale di successi (pari all’80% dei casi) testimoniano senza dubbio la validità di tale strumento.

Raggiunta tale consapevolezza, per far funzionare sempre meglio la messa alla prova, occorre sensibilizzare le istituzioni al fine di favorire una sempre maggiore collaborazione fra gli operatori e gli enti coinvolti ed è auspicabile un maggior investimento in risorse sia umane che economiche al fine di garantire la creazione di progetti veramente utili per la crescita ed il recupero dei giovani devianti.
 

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