Le novità del decreto “Sblocca Italia”

La disposizione legislativa in esame risulta coerente con l’indirizzo generale che caratterizza oggi ogni politica in campo urbanistico-edilizio, ovvero quello di favorire la riqualificazione e la rigenerazione dell’edificato esistente ed il riuso del suolo.

Quanto alle concrete modifiche apportate alla legislazione in materia, occorre innanzitutto rilevare la nuova interpretazione della categoria degli interventi di manutenzione straordinaria, di cui all’art. 3 T.U. Edilizia.
A seguito della novella, infatti, oggi con essi si intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso.
Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari, nonché del carico urbanistico, purché non risulti modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione di uso.

Per i lavori di manutenzione straordinaria che consistono nel frazionamento o accorpamento di unità immobiliari e che non modifichino la volumetria complessiva degli edifici, non riguardino parti strutturali e mantengano l’originaria destinazione d’uso, sarà consentita, inoltre, la realizzazione con Comunicazione di inizio lavori (Cil), anziché, come avveniva precedentemente, con Segnalazione certificata di inizio attività (Scia).

Dunque, sono oggi riconducibili alla categoria de qua, ed al conseguente regime della Comunicazione di inizio lavori (CIL), gli interventi che comportino la ridistribuzione dei volumi nell’ambito delle unità immobiliari di uno stesso edificio.
Ne è conseguita la contestuale ed obbligatoria revisione del disposto di cui all’art. 6, co. 2, T.U. Edilizia relativo al regime autorizzatorio degli interventi di manutenzione straordinaria, realizzabili, come specificato, oggi tramite la Comunicazione di inizio lavori (CIL), asseverata nei casi in cui è richiesto (CILA).

Sul punto, in particolare, dalla lettera a) di cui alla previsione succitata, è stato espunto l’inciso "purché non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici".
Resta quindi in ogni caso fermo il presupposto che l’intervento [Omissis - versione integrale presente nel testo].

Per gli interventi di manutenzione straordinaria non sarà dovuto il costo di costruzione neanche nei casi di modifica della superficie delle singole unità immobiliari, che prima erano soggetti a permesso di costruire, né saranno dovuti gli oneri di urbanizzazione, salvo il caso in cui gli interventi aumentino il carico urbanistico o la superficie calpestabile.
Il decreto in esame continua con l’introduzione della previsione di cui all’art. 3-bis T.U.Edilizia, relativa ai cosiddetti “interventi in conservazione”.

Lo strumento urbanistico, cioè, individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione.
In tal caso l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sull’area interessata e senza aumento della superficie coperta, rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.
Nelle more dell’attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico o igienico sanitario.

Il regolamento edilizio-tipo sarà adottato con un accordo in sede di Conferenza unificata tra il Governo, le regioni e le autonomie locali ed indicherà requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza ed al risparmio energetico. Dovrà essere poi adottato dai Comuni nei termini che saranno fissati dall’accordo.
Ulteriore significativo elemento di novità è quello di cui al novellato art. 10, comma 1, lettera c) T.U. Edilizia, avente ad oggetto gli interventi di ristrutturazione edilizia sottoposti a permesso di costruire.

In base al nuovo testo sono oggi soggetti a tale regime "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni".

Tanto coerentemente con le nuove previsioni di cui all’art.3, in virtù delle quali gli interventi che comportano modifiche nella distribuzione delle superfici, frazionamenti, accorpamenti, et similia vengono ricondotti al regime della manutenzione straordinaria.

Invece, tra gli interventi che rientrano nella definizione di “attività edilizia libera”, eseguibili, quindi, senza alcun titolo abilitativo, sono ora inseriti quelli relativi alla installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 kW.
Tra gli strumenti di semplificazione, inoltre, va rimarcata la centralità della nuova disciplina della comunicazione di inizio lavori.

Ai sensi del novellato art. 6, comma 2, T.U. Edilizia, infatti, "nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al comma 1, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio;
b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;
c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati;
d) i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;
e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, ovvero le modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa.
Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettere a) ed e-bis), l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta,[Omissis - versione integrale presente nel testo].

Riguardo agli interventi di cui al comma 2, la comunicazione di inizio dei lavori, laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori, è valida anche ai fini di cui all’articolo 17, primo comma, lettera b), del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, ed è tempestivamente inoltrata da parte dell’amministrazione comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.

Le regioni a statuto ordinario:
a) possono estendere la disciplina di cui al presente articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti dai commi 1 e 2;
b) disciplinano con legge le modalità per l’effettuazione dei controlli.
La mancata comunicazione dell’inizio dei lavori di cui al comma 2, ovvero la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori di cui al comma 4, comportano la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione".

Dunque, il nuovo testo dell’art. 6, comma 4, chiarisce che l’asseverazione da parte del tecnico- necessaria per gli interventi di manutenzione straordinaria, di cui al comma 2, lettera a), e per le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, ovvero modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa, di cui al comma 2, lettera e-bis, viene resa direttamente nell’ambito della Comunicazione di inizio lavori.
Non si richiede più, cioè, una separata Relazione tecnica asseverata.
Inoltre, viene eliminata la necessità, per i citati interventi di cui alla lettera e-bis) relativi ai locali adibiti ad uso produttivo d’impresa, di allegare le dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia per le imprese.

Tra i requisiti che occorre asseverare, è stata introdotta la necessità che gli interventi non interessino parti strutturali degli edifici, prevedendosi a tal scopo anche la trasmissione dell’elaborato progettuale.
Viene anche elevata da 258 a 1.000 euro la sanzione pecuniaria per la mancata presentazione della CIL o, nel caso di manutenzioni straordinarie o di modifiche interne sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, o di modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa della CIL asseverata.
Infine, viene chiarito che la Comunicazione di inizio lavori - laddove integrata anche dalla comunicazione di fine lavori - vale anche ai fini delle necessarie variazioni catastali, eliminando dunque l’adempimento prima a carico dell’interessato e sostituendolo con la comunicazione che dovrà essere fatta direttamente dal Comune all’Agenzia delle Entrate o Territorio.

Quanto al permesso di costruire, esso risulta necessario per gli interventi di ristrutturazione edilizia che portano ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, ma solo se comportano modifiche alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti.
Non sono invece più assoggettati a permesso invece le modifiche al numero delle unità immobiliari, al volume, ai prospetti, alle superfici.

La modifica è in raccordo con la nuova definizione di manutenzione straordinaria che ammette frazionamenti ed accorpamenti attuabili con CILA o con SCIA.
Inoltre, il nuovo comma 1-bis dell’art. 14 T.U. Edilizia sancisce che "per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico, a condizione che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione".

È cioè ammesso il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici per interventi di ristrutturazione edilizia in aree industriali dimesse.

La deroga può riguardare anche le destinazioni d’uso.
Su istanza del privato, spetta al Consiglio Comunale di attestare l’interesse pubblico alla deroga.
Il mutamento di destinazione d’uso non può comportare aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione.

Per gli insediamenti commerciali è fatto salvo quanto disposto dall’art. 31, comma 2, del D.L. 201/2011 conv. dalla L. 214/2011.

Restano ferme, in ogni caso, per gli insediamenti commerciali, il principio generale dell’ordinamento nazionale in ordine alla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.

A seguito delle modifiche introdotte, viene integralmente ridisegnata la disciplina dei casi in cui può essere accordata la proroga dei termini, secondo le nuove previsioni di cui all’art. 15 T.U. Edilizia.

Lo stesso dispone, al novellato comma 2, che "il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata,[Omissis - versione integrale presente nel testo].

Tale proroga, dunque, potrà essere accordata con provvedimento motivato soltanto nei seguenti casi:
- fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso;
- in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori;
- quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.
Viene inoltre introdotto il nuovo comma 2-bis del medesimo art. 15, secondo il quale del quale "la proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate".
Le nuove previsioni di semplificazione hanno riformato anche la disciplina di cui all’art. 22 T.U.Edilizia, introducendo la previsione secondo cui “denuncia di inizio attività”, ai commi 1 e 2 del menzionato articolo, viene sostituito da “segnalazione certificata di inizio attività”.

La nuova disposizione prescrive che "Sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività gli interventi non riconducibili all’elenco di cui all’articolo 10 e all’articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell’attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali segnalazioni certificate di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell’intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

È inoltre aggiunto il nuovo comma 2-bis, in base al quale "sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore".
Ancora, il nuovo provvedimento introduce, all’art. 23-ter T.U.Edilizia, la definizione di “mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”.

Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.

La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile.
Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.

Quanto al contributo di costruzione per gli interventi di ristrutturazione, l’art. 16, commi 4 lett. d-bis, 5 e 10, ampliano i criteri che devono essere utilizzati per la definizione delle tabelle parametriche.

Nel fissare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, vanno incentivati in particolare nelle aree a maggior densità del costruito, gli interventi di ristrutturazione edilizia, anziché quelli di nuova costruzione. Le Regioni devono stabilire nelle tabelle parametriche, i criteri e le modalità per l’applicazione delle riduzioni; nelle more i Comuni provvedono in via provvisoria con deliberazione del Consiglio Comunale, [Omissis - versione integrale presente nel testo].

Nelle tabelle parametriche, oltre a quanto indicato al punto che precede sulla ristrutturazione, deve essere stabilito il criterio per calcolare il maggior valore di aree od immobili, in conseguenza di variante urbanistica in deroga o con cambio di destinazione d’uso.

Alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso. Tale maggior valore, calcolato dall’amministrazione comunale, è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da quest’ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l’interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche.

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