Il contratto di Trust: soggetti attivi e relativi poteri

I poteri del disponente (settlor)

Di regola, il disponente, una volta esplicati gli effetti del deed of trust esce di scena.

Tuttavia, egli può ancora comparire nel rapporto fiduciario ma senza poter essere vincolante nella gestione del patrimonio, ormai nelle mani del trustee.

Infatti, l’unico strumento concessogli sono le c.d. letters of wishes, le quali sono assimilabili a delle raccomandazioni fatte nei confronti del trustee in merito allo svolgimento di uno o più specifici atti di gestione o di amministrazione.

Resta, tuttavia, preclusa ogni altra forma di ingerenza del settlor nella gestione del trust [1].

Questa figura giuridica quasi informale e priva di effetti vincolanti è giustificata dall’ultimo paragrafo dell’art. 2 della Convenzione, il quale recita: «Il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà o che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust.».


Il trust liquidatorio e crisi d’impresa

I trust liquidatori vengono posti in essere da società in crisi. Spesso queste società deliberano il loro scioglimento dopo l’istituzione del trust oppure sono già in fase di liquidazione.


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Tuttavia, il soggetto potrebbe essere già insolvente ancor prima di istituire il trust. Sul tema, la Corte di Cassazione è intervenuta recentemente, [3] stabilendo che il nostro ordinamento non riconosce il trust liquidatorio quando vi è un preesistente stato di insolvenza. Ciò in quanto vi è il pericolo che l’istituto del trust sia utilizzato al fine di eludere la disciplina imperativa concorsuale.

La Suprema Corte si sofferma sul concetto di causa concreta del trust, qualora questa sia ravvisata nel «segregare tutti i beni dell’impresa, a scapito di forme pubblicistiche quale il fallimento, che detta dettagliate procedure e requisiti a tutela dei creditori del disponente, l’ordinamento non può accordarvi tutela. Il trust, sottraendo il patrimonio o l’azienda al suo titolare ed impedendo una liquidazione vigilata (…) determina l’effetto, non accettabile per il nostro ordinamento , di sottrarre il patrimonio del debitore ai procedimenti pubblicistici di gestione delle crisi d’impresa ed all’attivo fallimentare della società settlor il patrimonio stesso».

In ultima analisi è possibile affermare la facoltà per le imprese di costituire un trust liquidatorio, salvo che questo avvenga in una fase nella quale la crisi, seppur conclamata, non li abbia resi ancora insolventi.


I poteri del beneficiario



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Beneficiari incapaci

L’istituto del trust è molto utilizzato nel settore della tutela degli incapaci, e va così a sostituirsi agli strumenti ormai antichi e ritenuti obsoleti della inabilitazione ed interdizione.

Tuttavia, nasce la questione in merito alla soggezione o meno del trustee al regime autorizzatorio previsto dal nostro codice civile per gli atti di straordinaria amministrazione che coinvolgono beni in trust. Questo poiché il trustee agisce comunque nell’interesse del soggetto incapace.

Prima dell’entrata in vigore della Convenzione dell’Aja, i giudici di merito avevano escluso la competenza del giudice ad emettere il provvedimento autorizzatorio in quanto, assimilato il trust al negozio fiduciario, si riteneva essere il trustee il proprietario a tutti gli effetti dei beni coinvolti nel rapporto [6].

Dal momento dell’entrata in vigore della Convenzione, parte della dottrina ha ritenuto essere sempre necessari i provvedimenti autorizzativi del giudice di cui agli articoli 374 e 375 del codice civile. Tuttavia, altra parte della dottrina era contraria e riteneva che si potesse derogare al regime autorizzatorio qualora fossero nominati trustees i genitori del minore e tale deroga figurasse in un’apposita clausola dell’atto istitutivo. Tale posizione prendeva le mosse dal diritto anglosassone, il quale lascia libertà al trustee nell’amministrazione del patrimonio in trust; libertà che verrebbe compressa in maniera eccessiva attraverso l’assoggettamento al regime autorizzatorio previsto dal nostro ordinamento [7].


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Ancora, il Giudice Tutelare di Bologna ha ammesso che i genitori di un legatario di beni mobili costituiti da piccoli oggetti d’arte istituissero un trust, avente come trustee l’esecutore testamentario, al fine di conservare i beni fino al raggiungimento della maggiore età del legatario [9].


Il trust onlus



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Il trustee: obbligazione fiduciaria

Il trustee riveste un ruolo centrale e fondamentale nel trust.

In capo a lui grava la c.d. obbligazione fiduciaria. La specificità di tale obbligazione sta negli elementi che la compongono: strumentalità, temporaneità, e fiduciarietà [14].

Strumentalità in quanto la sua attività, benché egli goda degli attributi dominicali rispetto ai beni in trust, è strumentale al raggiungimento dello scopo prefissato dal trust (sia esso oggettivo o soggettivo) [15].

Temporaneità, poiché l’eventuale revoca o morte del trustee non inficia il negozio giuridico.

Infine, il requisito della fiduciarietà che connota un rapporto che va oltre il legame giuridico imposto dal negozio di trust, poiché fa riferimento ad una fiducia che il disponente ripone nei confronti del soggetto (fisico o giuridico) che si occuperà del patrimonio affidatogli [16].

Nella prassi, il trustee è una società fiduciaria. In tal caso, il trustee sarà di tipo professionale. In tal modo si tende ad assicurare una maggior continuità al trust di lunga durata, dal momento che la società sopravvive ai componenti fisici del rapporto.



Vicende dell’ufficio del trustee

Il trustee non è obbligato all’accettazione dell’incarico, tuttavia, con la sua volontà fa sì che sorga in capo ad esso l’obbligazione fiduciaria. Nel corso del rapporto possono esservi degli eventi che impediscono la prosecuzione dell’ufficio di trustee.

Il trustee può, sua sponte, rassegnare le proprie dimissioni. Esse, sono un atto libero che può aver luogo in ogni momento salvo il rispetto dell’atto istitutivo e della legge regolatrice del trust. Le dimissioni dovranno contenere specifiche indicazioni in merito al momento a partire dal quale esse avranno effetto, e comunque il trustee resterà in carica fino all’accettazione dell’incarico da parte del nuovo trustee.

Può accadere che il trustee, strategicamente, rassegni le dimissioni al fine di sottrarsi alle conseguenze di un proprio inadempimento. Vi sono leggi come quella del Guernesey, che rendono prive di effetti tali dimissioni, mantenendo inalterata la responsabilità del trustee.

Un diverso evento impeditivo dell’ufficio del trustee è la revoca. Questa può essere proposta, secondo le procedure dettate nell’atto istitutivo, ad istanza del guardiano, del disponente o dei beneficiari, oppure può essere proposta in via giudiziale da chiunque ne abbia interesse [17].

La revoca prevista dall’atto istitutivo non richiede né motivazioni, né giusta causa, essendo il frutto dell’autonomia dei soggetti coinvolti il potere di cambiare strategia nella gestione del trust.


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dalla legge inglese sorge una questione importante in merito alle sorti del trust fund. Invero, nel diritto inglese, al momento della morte del trustee, il trust fund passa nella sfera patrimoniale dell’erede in qualità di gestore temporaneo, in virtù della regola che distingue la real property dalla personal property.

Tuttavia, un discorso analogo non può farsi nell’ambito del nostro ordinamento.

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Per questi motivi, la successione del trustee in caso di trust interno avverrà senza che il trust fund rientri nell’asse patrimoniale del de cuius e con l’ausilio dell’esecutore testamentario.


Responsabilità del trustee uscente

La prassi internazionale vuole che il trustee uscente richieda una manleva (indemnity) di modo da essere garantito da eventuali responsabilità sorte durante il suo ufficio. Questa manleva potrà trovare regolazione nell’atto istitutivo oppure nella legge applicabile al trust.

Il trustee, di regola, è personalmente responsabile per le obbligazioni contratte durante l’adempimento del suo mandato. Tale responsabilità può essere limitata oppure illimitata [19].

Vi sono ordinamenti che prevedono che il trustee uscente possa non effettuare il passaggio di consegne senza prima aver ricevuto adeguata manleva, oppure senza che esso possa trattenere alcuni beni appartenenti al trust fund ritenuti necessari al soddisfacimento di sopravvenienze passive [20].

Occorre rammentare, tuttavia, che queste indemnitities non liberano il trustee uscente dalla responsabilità extracontrattuale per fatto illecito.


Cessazione del trustee e prosecuzione del trust



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Il guardiano (protector)

Il guardiano svolge la funzione di controllo sul rispetto delle clausole contenute nel deed of trust e, di conseguenza, sull’operato del trustee nei suoi atti di gestione e disposizione patrimoniale.

Qualora l’atto costitutivo lo preveda, il trustee ha l’obbligo di sentire il parere del guardiano prima del compimento di specifici atti individuati dal disponente.


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Nei rapporti tra protector e trustee è possibile che sorgano disaccordi creando una situazione di stallo nella gestione dei beni in trust. Al fine di scongiurare questa situazione, l’atto istitutivo può prevedere che il guardiano si sostituisca al trustee, prendendo la decisione che egli ritiene più consona.


Il guardiano ed il ruolo del giudice: caso pratico

Il trust che sarà esaminato in questo paragrafo, ad avviso di chi scrive, è il riflesso di come il nostro ordinamento brancoli nel buio in assenza di una legge specifica che disciplini l’istituto.

In breve, nell’anno 2008 è stato istituito un trust nel quale viene nominata una persona fisica con il ruolo di guardiano.

Una delle clausole dell’atto istitutivo recitava: «In caso di morte del Protector o di sua non accettazione dell’incarico o di impossibilità ad adempiere allo stesso incarico, riconosciuta e comprovata, il Disponente (...) indicherà due nominativi tra quali, all’occorrenza, il Presidente del Tribunale di Crotone, su istanza del disponente stesso, sceglierà il nuovo Protector. Qualora i soggetti indicati dal Disponente non dovessero accettare l’incarico o fossero impossibilitati ad adempiere all’incarico stesso, il Presidente del Tribunale di Crotone, sempre su istanza del Disponente, provvederà a designare il Protector tra soggetti aventi caratteristiche di provata esperienza e professionalità (...)».

Dopo pochi giorni dall’istituzione del trust, il guardiano rinuncia al suo ruolo. Pertanto, il disponente fa istanza al Presidente del Tribunale, come descritto dalla clausola sopra citata.


[Omissis - Versione integrale presente nel testo]


Il magistrato, infine, ribadisce che la clausola, così come disposta dal settlor, impedisce allo stesso giudice di agire in posizione di terzietà e senza condizionamenti. Non solo, tale clausola, dal punto di vista giuridico, prevede l’emissione di un decreto rientrante nella categoria degli atti di volontaria giurisdizione. Essendo questi un numerus clausus, tale previsione negoziale finirebbe col violare il principio di tipicità degli atti di volontaria giurisdizione [26].


Il trust e figure affini nel nostro ordinamento

Al fine di chiarire il più possibile l’unicità dello strumento giuridico offerto dal trust, è opportuno passare in rassegna alcune figure giuridiche presenti nel nostro ordinamento, le quali, ben si prestano ad un confronto con l’istituto di matrice anglosassone.

Si prenda in considerazione l’art. 2447-bis del codice civile, il quale disciplina i patrimoni destinati ad uno specifico affare. Vero è che sia nel caso di trust, che in questo caso siamo dinanzi ad un patrimonio vincolato ad uno specifico scopo. Tuttavia, vi sono almeno due importanti differenze tra i due istituti.

Innanzi tutto, il patrimonio destinato ex art. 2447-bis, una volta costituito dalla società, viene gestito dagli amministratori della società stessa. Diversamente, una società può costituire un rapporto di trust senza che a gestirlo siano gli amministratori della società medesima.

Inoltre, nella disciplina dei patrimoni destinati è possibile che venga meno l’effetto segregativo, elemento invece proprio ed imprescindibile dell’istituto di trust. La deroga è contenuta nell’art. 2447-quinquies comma terzo, il quale recita: «qualora la deliberazione prevista dall’art. 2447-ter non disponga diversamente, per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la società risponde nei limiti del patrimonio ad esso destinato. Resta salva tuttavia la responsabilità illimitata della società per le obbligazioni derivanti da fatto illecito».


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Una diversa figura affine al trust è quella dell’esecutore testamentario. Esso ha il potere, affidatogli dal testatore, di ripartire i beni tra gli eredi o alienarli secondo le disposizioni testamentarie. Tuttavia, egli non ha la proprietà di questi beni, a differenza del trustee, ed inoltre l’esecutore testamentario può conservare il possesso dei beni per un periodo limitato ad un anno.

Per questo motivo, in caso di operazioni di suddivisione dell’asse patrimoniale complesse, sarà necessario il ricorso allo strumento del trust.