IL DISASTRO AMBIENTALE

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da Seveso all'Ilva di Taranto

Vinci, Elisabetta

27 maggio 2014

pdf  / 136 Pagine in formato libro (17X24 cm)

Il testo si propone di percorrere il diritto penale ambientale, attraverso un’analisi storica e giuridica delle norme penali poste a tutela dell’ambiente, con una particolare attenzione sull’indeterminatezza della nozione di disastro. Alla luce delle recenti novità legislative nonché della casistica giurisprudenziale formatasi in materia, si intende evidenziare come il sistema italiano risulti inadeguato sia per la repressione dei grandi disastri avvenuti in Italia sia per la prevenzione di questi eventi dalle proporzioni immani, con gravi conseguenze sull’incolumità pubblica. L’opera propone, anche, una panoramica dei grandi disastri avvenuti sul territorio italiano a partire dal 1976 con il disastro di Seveso, passando dal petrolchimico di Porto Marghera per arrivare ad analizzare i casi dei rifiuti illeciti, dell’Eternit e dell’Ilva di Taranto.

25,00

  • editore: Exeo
  • collana: il penale
  • numero in collana: 3
  • isbn: 978-88-6907-035-8
  • sigla: FCL08
  • categoria: MONOGRAFIE
  • tipologia: giuridica
  • genere: studio applicato
  • altezza: cm 24
  • larghezza: cm 17
  • dimensione: A4
  • funzioni permesse: Stampa: SI - Modifica: SI - Copia/Incolla: SI
  • protezione: digital watermarking
  • disponibità: illimitata
  • destinatari: professionale accademico
  • soggetto: diritto
INTRODUZIONE

CAPITOLO I
LA NOZIONE DI ‹‹DISASTRO›› NEL CODICE PENALE

1. Nozione di ‹‹ambiente››
2. Fonti e principi del diritto ambientale
3. Cenni storici dei reati penali sull’ambiente
4.  Il disastro nel codice Zanardelli
5.  Il disastro nel codice attuale: le norme

CAPITOLO II
GLI ARTICOLI  434 e 449 DEL CODICE PENALE

1. Considerazioni generali e bene giuridico
2. Struttura delle incriminazioni
3. Il soggetto attivo
4. Elemento materiale: condotta, evento e nesso di causalità
5. Elemento soggettivo
6. Novità legislative: la nuova proposta di legge in materia di ecoreati

CAPITOLO III
PROFILI DI INDETERMINATEZZA NEL C.D. DISASTRO INNOMINATO

1. La dilatazione della nozione di disastro
2. La nozione di disastro come elemento normativo
3. L’ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 2006
4. La risposta della Corte Costituzionale nella sentenza n.327 del 2008
7. Conclusioni

BIBLIOGRAFIA
GIURISPRUDENZA
SITOGRAFIA

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L’opera ‹‹Il disastro ambientale: da Seveso all’Ilva di Taranto››
ricompresa nella collana ‹‹Il Penale›› a cura di Francesco Clementi, si
suddivide in quattro capitoli distinti dedicati, nell’ordine, alla
nozione di disastro nel codice penale, agli articoli 434 e 449 c.p., ai
profili di indeterminatezza del c.d. disastro innominato e infine,
l’ultimo capitolo, alla casistica giurisprudenziale sul disastro
ambientale.


L’ambiente è una tematica importante nel diritto penale ed è divenuto
oggetto di discussione quotidiana, in seguito allo sviluppo delle nuove
tecnologie e ai danni provocati dalle stesse.


Il testo, partendo dalla diverse accezioni che caratterizzano la
nozione ambiente e dalle fonti e principi del diritto ambientale,
sottolinea come per molti anni si è assistito ad una carenza nel
contrasto dei vari disastri ecologici. Una lacuna del nostro sistema
che è stata colmata, in via analogica, attraverso il ricorso alla
formula ‹‹altro disastro›› e specificatamente con l’utilizzo degli
articoli 434 e 449 del codice penale.


In particolare, il terzo capitolo descrive l’elasticità e
l’indeterminatezza della formula sopra richiamata, in quanto non è dato
rinvenire, dagli articoli del codice penale, elementi oggettivi e
soggettivi utili a dare una definizione precisa al c.d. disastro
innominato; in particolare, esso  è divenuto lo strumento per
colmare qualsiasi carenza nella tutela dell’incolumità pubblica
(emissioni di sostanze tossiche, incidenti automobilistici, rifiuti
pericolosi).


Il capitolo conclusivo mette in rilievo alcuni disastri che hanno avuto
e purtroppo continuano ad avere gravi conseguenze sulle persone e
sull’ambiente: si pensi al sito inquinato di Porto Marghera e alle
numerosi morti provocate dalle lavorazioni del CVM e PVC; all’emissione
di materiale altamente tossico come è avvenuto nello stabilimento di
Seveso e nell’Ilva di Taranto; al mesotelioma pleurico provocato dalla
polvere di amianto; all’inquinamento con i rifiuti illeciti, non
facilmente eliminabile con le normali opere di bonifica.

Galleria immagini

Il testo si suddivide in quattro capitoli. Partendo dalla definizione del bene «ambiente», vengono esaminate le fonti e i principi del diritto ambientale per passare alle norme del codice penale e in particolare alla disamina degli articoli 434 e 449 c.p.. Il terzo capitolo avrà ad oggetto l’eccessivo utilizzo della nozione di disastro e infine, vengono trattati i principali disastri ambientali avvenuti in Italia.
Per sopperire all’inadeguatezza delle forme di tutela, in particolare del codice penale, la giurisprudenza, attendendo un intervento legislativo (avvenuto nel dicembre 2013) non è rimasta ferma ma, per ovviare ai difetti presenti nel sistema dei delitti ambientali di danno, ha applicato le fattispecie codicistiche già presenti. Da qui trova, sempre più, applicazione la controversa figura del disastro ambientale, la quale si pone come creazione giurisprudenziale che si basa sulla clausola generale rappresentata dal c.d. disastro innominato.
Da tempo, la dottrina ha posto in evidenza i delicati problemi che pone la fattispecie che punisce ogni altro disastro, con riferimento ai principi di determinatezza, tassatività e precisione del precetto penale. La formulazione aperta della norma permette di collocare nella nozione di altro disastro ‹‹qualsiasi evento, non espressamente nominato, innescato da una condotta violenta, di portata distruttiva, con conseguenze dannose gravi, complesse ed estense, avente una potenzialità lesiva tale da provocare un effettivo pericolo alla vita e/o all'incolumità fisica di un numero indeterminato di persone, senza che all'evento debba necessariamente accompagnarsi anche la morte o le lesioni di una o più persone››.
Il frequente utilizzo della nozione di ‹‹disastro innominato›› si ha in alcuni esempi emblematici: Porto Marghera, Seveso, l’Eternit, l’Ilva di Taranto e infine, nella tematica che occupa quotidianamente la cronaca italiana, quello smaltimento dei rifiuti illeciti. Attraverso questi esempi, si evidenzierà come, nella prassi, viene fatto rientrare nell'art. 434 c.p., e nella corrispondente ipotesi colposa ex art. 449 c.p., condotte che altrimenti sarebbero sprovviste di una specifica incriminazione.
Quella dei rifiuti è un’impresa globale, che in Italia ha raggiunto dimensioni rilevanti sia per ragioni strutturali (la nota mancanza di impianti di trattamento e smaltimento) sia per la convergenza d’interessi con le organizzazioni di stampo mafioso. Invece, i fatti contestati per la vicenda Eternit si collocano in un arco temporale di oltre cinquant’anni, con ripercussioni su migliaia di vittime ed un disastro ambientale tuttora attivo.
Il caso dell’Ilva di Taranto, che ha invaso i mezzi di informazione dal mese di luglio del 2012, ha avuto una grande risonanza per il provvedimento con cui il Gip presso il Tribunale di Taranto ha disposto il sequestro preventivo di aree e impianti di quello che è il maggiore polo di produzione dell’acciaio in Europa.

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